martedì 21 febbraio 2012

Festival: alcuni bilanci sul paese e sulla tv



Il Festival di Sanremo è come l'odore di fritto: è difficile liberarsene! Io ho cercato con tutte le mie forze di liberarmene, ma non ci sono riuscita pienamente. La mia testa è stata invasa da pensieri che credevo ormai un pò "passè" ed anche di scarsa rilevanza. Cercavo di chiedermi:"Ma perchè mai si dovrebbe essere interessati da un fenomeno di costume ormai privo di stimoli?"
E invece no. Anche questa volta sono stata smentita nelle mie convinzioni. Perchè è facile fare gli snob e dire che certe cose prive di importanza non ci riguardano. Insomma anche le cose più banali hanno bisogno di un riscontro e pretendono delle risposte/conferme nella nostra testa.
E così ho deciso di seguire la prima puntata e l'ultima. Ho cercato tante volte di non storcere il naso e mi sono perfino imposta di non fare zapping. E'stato un "tour de force"!
Sono arrivata ad una conclusione: il Festival è un programma discutibile (può piacere o no), ma non manca mai di darci uno spaccato della società in cui viviamo.

Ho anche capito 3 cose, tra le altre che preferisco tenere solo per me:

1) Questa Italia è un paese che tramanda le sue tradizioni. E' fatto di vecchi al servizio dei vecchi e non mi riferisco solo ai vecchi anagraficamente, ma anche a coloro che sono rimasti, loro malgrado, ancorati al passato incapaci di esercitare la propria immaginazione, incapaci di vedere altro se non le proprie ragioni.

2) Questa Italia  è un paese moderno e si vanta di essere innovativo  nel momento in cui mostra in video la farfallina tatuata sull'inguine di una valletta, il cui obiettivo nella vita è quello di "provocare".

3) Questa Italia è un paese credibile, perchè ha un servizio pubblico equo e imparziale, che ci rappresenta tutti e che risponde alle nostre esigenze. Riesce ad attuare tutto ciò, trasmettendo gli stessi programmi di trent'anni fa.

Come avrete capito sono ancora confusa da tutto quello che ho visto.
A tirarmi su di morale ci sono state, per fortuna, le canzoni che mi sono sembrate di discreto livello. Inutile dire che sono felice che abbiano vinto tre donne... 




E poi che dire degli arguti interventi di Rocco Papaleo? Semplicemente fantastico!

mercoledì 1 febbraio 2012

Giovani "sfigati"?



Mi sono laureata a 23 anni. Qualcuno potrebbe pensare che sia una studente modello o che abbia un'intelligenza eccelsa. Niente di tutto ciò...ho semplicemente studiato all'estero. Intendiamoci non mi sono fatta una passeggiata e il mio percorso di studio non è stato certo facile. Posso dire di aver avuto la fortuna di nascere in una famiglia di larghe vedute e di aver avuto le possibilità logistiche ed economiche per trasferirmi. Per la precisione ho preso armi e bagagli a 19 anni e mi sono trasferita da una mia zia a Liverpool, una delle città più "cool" per una ragazza piena di speranze. "Great Expectations", "Grandi Speranze" come il titolo di un libro di Dickens...

Così, quando sento dire dal Viceministro del Lavoro Martone in questi giorni che chi si laurea a 30 anni è uno "sfigato", dovrebbe venirmi automatico condividere questo pensiero.
Non è così, mi sento pervasa solo da una profonda tristezza. Tristezza per questi gruppeti di privilegiati fra cui aggiungo anche il ministro Michel Martone, sempre più avulsi dalla realtà in cui vivono.
Ma il problema è che non sono solo i politici ad essere così distaccati, purtroppo vediamo lo stesso comportamento anche nelle nostre università, negli uffici pubblici che dovrebbero rappresentarci, nelle istituzioni in generale.

Il viceministro si accanisce sui giovani universitari dimenticandosi che il problema parte dal sistema italiano. Un esempio pratico: all'estero lo studente non viene lasciato solo a decidere quando dare gli esami. In Inghilterra dove ho studiato io, ma anche in Olanda, Svezia, Norvegia, lo studente è accompagnato da un tutor che lo guida nel suo percorso e lo tiene aggiornato sulle scadenze. Quindi, quando si presenta la data dell'esame, ci si presenta un certo giorno a una certa ora. Nessuna possibilità di proroghe, ti presenti all'esame altrimenti sei bocciato e non ottieni i crediti per passare il corso. Niente di più semplice e lineare.
C'è da chiedersi a cosa servano qui i professori se poi lo studente deve gestirsi da solo orari, ritmi, scadenze....

Quando avevo finito l'Università, i miei ex compagni di liceo si destreggiavano con gli esami del terzo anno. Altro problema quindi, la competitività. L'obsoleto sistema italiano con i corsi quinquennali, obbliga gli studenti a restare sempre indietro rispetto alle proprie controparti europee. Nel resto d'Europa la maggiorparte dei trentenni ha già messo su famiglia, ha la sua casa ed ha un lavoro ben remunerato. Tutte cose che qui rappresentano un mito irraggiungibile.

Prima di puntare il dito sui giovani bisognerebbe soffermarsi anche sugli errori dei padri. Generazioni e generazioni di statisti e politici che non hanno lasciato niente ai giovani se non un pugno di speranze inattesse.

Le ultime notizie ci dicono che il buon Martone ci tiene a ridimensionare le parole pronunciate e ammette che le sue esternazioni sono state poco "sobrie". Ah però, ci sentiamo profondamente rassicurati!